venerdì 19 settembre 2008

Il Santo Graal dell’anestesia ostetrica

“Quale vasocostrittore per il controllo dell’ipotensione dopo anestesia spinale in ostetrica: cosa bisogna usare?

Per approfondire l’argomento consulta anche l’articolo recente presente a questo indirizzo:http://www.minervamedica.it/index2.t?show=R02Y2008N07A0409

 

Storicamente l’efedrina è stata raccomandata come migliore vasopressore in ostetricia in quanti negli studi animali aveva evidenziato essere causa di una minore riduzione del flusso ematico uterino rispetto agli altri  α-mimetici. Recenti dati clinici, tuttavia suggeriscono che questo non è così importante come inizialmente sembrava.

Dati recenti

L’efedrina e la fenilefrinaê sono stati studiati estesamente. I vantaggi dell’efedrina sono di essere un vecchio farmaco e ben conosciuto dai clinici e di esercitare una scarsa azione vasocostrittrice sulla circolazione utero-placentare. L’efedrina e la fenilefrina sono stati studiati estesamente. L’efedrina tuttavia ha un’efficacia limitata, è difficile da titolare, causa tachicardia materna, riduce il pH fetale e il valore dell’eccesso di base (BE). I vantaggi della fenilefrina sono costituiti da un’efficacia elevata, facilità di titolazione e la possibilità di poterla usare in dosi libere per mantenere una pressione ematica materna vicina a quella normale e quindi prevenire la nausea e il vomito, senza causare acidosi fetale. La fenilefrina tuttavia può ridurre la frequenza cardiaca fetale e la portata cardiaca e sono disponibili pochi casi sul suo uso nei soggetti ad alto rischio. L’associazione dell’infusione di fenilefrina e di una contemporanea idratazione con cristalloidi previene l’ipotensione.

Considerando l’evidenza attuale, ritengo che la fenilefrina* è il vasocostrittore che presenta i migliori requisiti di vasocostrittore ottimale in anestesia ostetrica.

 

Ipotensione significativa

L’ipotensione nelle pazienti ostetriche è più frequente e grave rispetto alle pazienti non ostetriche; è causa di un’alta incidenza di sintomi materni e può determinare effetti secondari sul feto. La maggiore sensibilità agli anestetici locali determina un blocco più alto in aggiunta agli effetti della compressioneaorto-cavale. Durante la gravidanza si ha una modificazione dell’equilibrio del sistema neurovegetativo con un aumento dell’attività simpatica rispetto a quella parasimpatica che predispone ad un maggiore rischio d’ipotensione. Numerosi ampi studi confermati da una metanalisi di Reynolds e Seed hanno evidenziato un’associazione tra anestesia spinale e rischio aumentato di acidosi fetale durante il parto cesareo. Molte strategie sono state descritte per prevenire e trattare l’ipotensione nelle pazienti ostetriche. Le tecniche non farmacologiche comprendono lo spostamento laterale dell’utero, la preidratazione endovenosa (precarico) e il bendaggio degli arti inferiori. Sfortunatamente queste misure non sono molto efficaci, ed è di solito necessario l’uso di vasopressori. A questo riguardo la scelta del vasopressore per il trattamento dell’ipotensione, è di fondamentale importanza. Le donne gravide evidenziano una risposta meno intensa ai vasopressori che può essere parzialmente dovuta a un’aumentata sensibilità ai barorecettori ead una aumentata sintesi di ossido nitrico. Dosi relativamente importanti di vasopressori sono pertanto necessarie per il mantenimento della pressione del sangue materna che possono prevenire molti degli effetti secondari. La recente dimostrazione che il genotipo dei recettori β2-adrenergici influenza le richieste di vasopressore, suggerisce la possibilità che in futuro il trattamento dell’ipotensione possa essere realizzato riferendosi al patrimonio genetico individuale. L’efedrina è stata considerata il vasocostrittore di scelta in ostetricia in quanto sembra che determini una minore vasocostrizione utero-placentare rispetto agli α-stimolanti. Questo comportamento attualmente viene riconsiderato e, sulla base di  alcuni studi clinici, è stata posta in dubbio la superiorità dell’efedrina.

Vasopressori disponibili

Nella scelta del vasopressore più appropriato in ostetricia, devono essere presi in considerazione numerosi fattori. Questi comprendono l’efficacia, l’effetto sulla madre in aggiunta all’aumento della pressione, la facilità d’uso, gli effetti diretti ed indiretti sul feto, il costo e la disponibilità. I farmaci più disponibile e utilizzati più frequentemente e per i quale sono attualmente disponibili molti dati sono l’efedrina e la fenilefrina (etilefrina = effortil).

 

Vantaggi dell’efedrina

E’ ben noto che l’efedrina è ampiamente disponibile in molte regioni e molti anestesisti hanno una familiarità con questo farmaco.

Dopo diverse decadi d’uso in ostetricia, vi sono poche segnalazioni d’effetti negativi sulla madre e sul feto con l’efedrina. L’efedrina aumenta la pressione del sangue con scarsi effetti sul flusso ematico utero-placentare. L’efedrina è uno stimolante adrenergico non specifico, ed aumenta la pressione del sangue soprattutto aumentando la portata cardiaca attraverso una stimolazione dei recettori β-1 con un piccolo effetto di vasocostrizione. Si ritiene che l’azione dell’efedrina sia soprattutto indiretta attraverso la stimolazione della liberazione di noradrenalina dalle terminazione nervose simpatiche; poiché la circolazione utero-placentare è priva di innervazione simpatica diretta, è relativamente insensibile all’effetto vasocostrittore dell’efedrina. Studi di laboratorio che evidenziano che rispetto agli α-stimolanti, l’efedrina evidenzia una maggiore selettività nella vasocostrizione dei vasi sistemici (femorale) rispetto ai vasi uterini durante la gravidanza.

Svantaggi dell’efedrina

·   L’efedrina è scarsamente efficace. Per mantenere la pressione del sangue e prevenire i sintomi materni possono essere necessarie alte dosi ed in alcuni casi può essere necessario utilizzare la fenilefrina

·   L’effetto maggiore dell’efedrina (la stimolazione cardiaca) non è indirizzato al ripristino fisiologico delle alterazioni indotte dall’anestesia spinale (vasodilatazione).

·   Compare una tolleranza acuta all’efedrina. Questo effetto è stato dimostrato da Persky con altri che rilevano che la tolleranza all’effetto pressorio, (ma non al cronotropismo) dell’efedrina per via orale in volontarie non gravide compare con un’emivita media di 15 minuti (range tra 6 e 140 minuti). Il meccanismo può essere dovuto alla riduzione nel numero di recettori, controregolazione, riduzione nel numero dei neurotrasmettitori, desensibilizzazione dei pool di recettori.

·   L’efedrina ha un effetto lento e una durata d’azione relativamente lunga. Questi fattori rendono difficile una titolazione accurata e se si somministrato alte dosi per ristabilire le catecolamine fetali e la pressione del sangue, si può avere un aumento maggiore del valore basale.

·   Sono possibili un aumento della frequenza cardiaca e della contrattilità cardiaca per un aumento della richiesta di ossigeno del miocardio. Un forte aumento della frequenza cardiaca si può accompagnare a sensazioni sgradevoli di palpitazioni, battiti ectopici atriali e ventricolari e tachiaritmia.

·   Un importante problema dell’efedrina in ostetricia è la dimostrazione di un’associazione tra il suo uso e la depressione del pH fetale e dell’eccesso di base.  Una metanalisi evidenzia che il pH dell’arteria ombelicale è significativamente più basso con l’uso dell’efedrina rispetto alla fenilefrina e un’analisi multivariata evidenzia che l’uso dell’efedrina è il maggiore fattore per prevedere un pH ombelicale e un eccesso di base basso. Se l’efedrina si usa liberamente nelle dosi richieste per prevenire la nausea e il vomito materni, si evidenziano talvolta valori di pH dell’arteria ombelico e di eccesso di basi molto basse. Questo è un’importante limitazione all’uso dell’efedrina.

In che modo l’efedrina deprime il pH fetale e l’eccesso di basi? Una spiegazione alternativa è un effetto di stimolazione diretto sul metabolismo fetale. L’efedrina ha un effetto di stimolazione diretta per cui viene utilizzata per perdere peso o per migliorare le prestazioni atletiche. L’effetto metabolico è soprattutto evidente sul grasso bruno e può essere mediato dalla stimolazione degli adrenorecettori β sebbene sia posta in discussione l’importanza relativa dei recettori β-1, β-2 e β-3. L’efedrina attraversa la placenta e aumenta la concentrazione delle catecolamine fetali. Un aumento della concentrazione della noradrenalina ombelicale si correla con l’abbassamento del pH. La somministrazione materna dell’efedrina aumenta la frequenza cardiaca fetale e nella pratica clinica, una tachicardia fetale si può evidenziare nel cardiotacografo quando si somministrano forti dosi di efedrina prima del parto. Supporta la tesi di un effetto metabolico nel feto l’evidenza che nel  feto di agnello la stimolazione β aumenta il consumo di ossigeno e la concentrazione dei lattati e riduce il pH fetale. In uno studio clinico, Cooper con altri ha evidenziato che l’acidosi fetale indotta dall’efedrina si associa con un aumento della differenza artero-venosadella pC02; questo è suggestivo di un aumento della produzione della C02 nel feto ed evidenzia che l’efedrina induce un aumento del metabolismo fetale.

Qual è il significato clinico dell’acidosi fetale indotta dall’efedrina? Sebbene molti studi abbiano evidenziato una depressione del pH fetale e dell’eccesso di base con l’efedrina, non esiste evidenza di effetti secondari negativi misurabili. Questo tuttavia non significa che l’acidosi indotta dall’efedrina non è importante. La maggior parte degli studi in questo ambito sono stati eseguiti in casi di chirurgia d’elezione a basso rischio in cui l’outcome neonatale si prevede buono indipendentemente dalla tecnica di anestesia. In presenza di fattori non anestesiologici che predispongono ad un outcome fetale negativo, tuttavia, il contributo dell’efedrina è probabile che abbia una maggiore rilevanza clinica. In particolare, un aumento nel consumo di ossigeno determinato dall’efedrina, può peggiorare le condizioni ostetriche d’ipossia fetale. Al contrario la nascita è un evento particolarmente stressante per il feto per cui è stato ipotizzato che la stimolazione dei recettori β può avere un effetto benefico come stimolo per la respirazione neonatale e per l’adattamento metabolico. In questo ambito sono necessarie altri studi.

 

Fenilefrina

Tradizionalmente la fenilefrina è stata controindicata in ostetricia per le proprietà vasocostrittrici a livello utero-placentare per cui è stata utilizzata come farmaco di seconda scelta in caso d’inefficacia dell’efedrina. Tuttavia queste raccomandazioni sono state estrapolate dai dati rilevati dalla sperimentazione animale con pochi dati clinici di confermaPer motivi etici e pratici i dati relativi alla fisiologia della placenta umana sono limitati.L’evidenza che la vasocostrizione uteroplacentare è più probabile con la fenilefrina e con altri a-agonisti rispetto all’efedrina, può non avere l’importanza clinica che gli è stata storicamente attribuita.

 

Vantaggi della fenilefrina

La fenilefrina è un vasocostrittore potente, rapido con una breve durata d’azione. Inoltre ha un’alta efficacia ed è facile da titolare. Fisiologicamente, ha senso trattare una vasodilatazione con un vasocostrittore. La fenilefrina titolata in modo aggressivo per mantenere la pressione del sangue materno vicino al valore di base riduce l’incidenza della nausea e del vomito senza causare acidosi fetale. L’associazione dell’infusione di alte dosi di fenilefrina e una reidratazione rapida con cristalloidi è la sola tecnica in grado di eliminare l’ipotensione. La breve durata d’azione della fenilefrina rende particolarmente indicata la somministrazione per infusione continua. Alcuni anestesisti possono non avere confidenza con questa tecnica.

Svantaggi della fenilefrina

Sebbene nel feto a termine normale non si siano evidenziati effetti negativi con l’uso della fenilefrina, sono disponibili pochi dati nell’uso nel pretermine, nell’emergenza, durante il travaglio o nelle pazienti ipertese o in quelle nelle quali è presente una condizione di compromissione fetale. Una riduzione riflessa della frequenza cardiaca è frequente con la fenilefrina ed è necessaria talvolta la somministrazione di un anticolinergico. Alla riduzione dellefrequenza cardiaca materna può associarsi una riduzione della frequenza cardiaca fetale anche se l’importanza di questo fenomeno non è chiara. La fenilefrina è disponibile in commercio in fiale di 10 mg/ml ed è necessaria attenzione nell’evitare errori di dosaggio e di diluizione. Uno studio recente suggerisce che la diffusione verso l’alto dell’anestesia spinale può essere ridotta quando si usa la fenilefrina in infusione, tuttavia l’importanza clinica di ciò non è ben definite.

 

Associazione di vasopressori

Diversi autori hanno riportato l’uso dell’associazione di fenilefrina e efedrina insieme. In teoria l’effetto cronotropo e inotropo positivo dell’efedrina puòessere utile per contrastare il riflesso di riduzione della frequenza cardiaca e della portata cardiaca che l’a fenilefrina può indurre. Tuttavia non è noto il rapporto ottimale dell’associazione e vi è scarsa evidenza che questa associazione risulti più vantaggiosa alla somministrazione della sola fenilefrina.

 

Conclusione

La scelta del vasopressore nelle pazienti ostetriche rimane controversa. Recenti evidenze di studi clinici suggeriscono che i dati relativi allavasocostrizione uteroplacentare causata dalla fenilefrina e da altri α-stimolanti sono esagerati. Esiste l’evidenza che l’efedrina può stimolare il metabolismo del feto con riduzione del pH e dell’eccesso di base. Rispetto all’efedrina la fenilefrina ha un azione fisiologicamente più appropriata che si riflette in una maggiore efficacia nel trattamento e nella prevenzione dell’ipotensione. Il suo rapido inizio e la breve durata d’azione lo rende più facile da titolare. Diversamente dall’efedrina, la fenilefrina può essere somministrata in dosi sufficienti a mantenere la pressione del sangue della madre e prevenire la nausea e il vomito senza indurre acidosi fetale. D’altra parte l’uso della fenilefrina si associa al riflesso di riduzione della frequenza e della portata cardiaca. Sono disponibili pochi dati sull’uso della fenilefrina in emergenza e nei casi ad alto rischio Sebbene è indispensabile disporre di altri studi in questo ambito, è opinione dell’autore che la fenilefrina è un vasocostrittore che più si avvicina ai criteri del miglior vasocostrittore per l’uso nelle pazienti ostetriche.



ê In Italia non è disponibile la fenilefrina per uso iniettivo. Un farmaco analogo facilmente disponibile è l’etilefrina (effortil)

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